Scuola e cure nonostante le bombe: così “Fonti di pace” tiene accesa una fiammella di speranza a Gaza

Il suo stesso nome suona come un'utopia in questi tempi di stermini quotidiani. Eppure la piccola associazione “Fonti di pace” sfida i bombardamenti e la fame per tenere accesa una fiammella di speranza. E ricorda una frase di Nelson Mandela: “La pace è un sogno, può diventare realtà… Ma per costruirla bisogna essere capaci di sognare”. A raccontarcelo è Silvana Barbieri, anima dell'organizzazione fondata a Milano nel 2005 “da un gruppo di persone di diversa estrazione professionale, che hanno deciso concordemente di voler dare un contributo attivo, in forma volontaria, allo sviluppo della cooperazione internazionale e ad attività di sostegno nei confronti di popolazioni e gruppi sociali particolarmente disagiati”. Negli ultimi 20 mesi l'Odv si è concentrata soprattutto sul sostegno alla martoriata popolazione palestinese.

Che cosa siete riusciti a fare nella Striscia di Gaza?

“Da giugno a novembre scorsi grazie al finanziamento 8X1000 Chiesa valdese e alla collaborazione del nostro partner Palestinian medical relief society abbiamo realizzato il progetto 'Intervento umanitario di emergenza. Soccorso per i feriti'. Le aree di lavoro del progetto dovevano essere i governatorati di Khan Yunis e Rafah. I continui attacchi dell’esercito israeliano e l’invasione delle forze di occupazione nel Governatorato di Rafah hanno costretto il nostro partner locale a operare nelle tendopoli e rifugi degli sfollati di Khan Yunis. Un team composto da medico generico, infermiera, riabilitatore e psicologa ha preso in carico 418 feriti dimessi dall'ospedale El Nasser di Khan Yunis quando ancora avevano bisogno di cure. Il team, con grandi difficoltà tra attacchi armati e strade distrutte, per 5 mesi ha visitato i feriti nei luoghi dove erano sfollati, tendopoli, scuole Unrwa e tra le macerie delle case bombardate. Complessivamente sono state erogate 2.745 prestazioni. Oggi neppure questo è più possibile, ma non abbiamo rinunciato a sostenere la popolazione stremata”.
Quali sono le condizioni in cui vi trovate a operare?
“I continui bombardamenti, il collasso delle infrastrutture e la quasi totale assenza di cibo e assistenza sanitaria hanno reso la vita quotidiana una lotta per la sopravvivenza. La fame viene usata come arma. Non c'è accesso a proteine e carboidrati; frutta e verdura sono quasi introvabili ed estremamente costose. La malnutrizione è diffusa soprattutto tra i bambini, e le persone affette da malattie croniche come cancro e diabete affrontano una fatale carenza di medicinali con conseguenze mortali”.
E quale attività riuscite a portare avanti?
“Fonti di Pace grazie al partner locale Social media club Palestine porta avanti da tempo l'attività educativa nella scuola tenda allestita, dopo lo spostamento delle famiglie da Deir Balah, nel governatorato di Gaza City-Shaty Camp. Lavoriamo con gruppi di bambini, attualmente ne supportiamo 40 di età compresa tra 6 e 9 anni. Sono bambini che non hanno mai iniziato la scuola o che hanno perso due anni interi di istruzione a causa dell’aggressione e delle evacuazioni forzate. I civili di Gaza stanno subendo ripetuti sfollamenti a causa dei continui ordini di evacuazione e dei bombardamenti intensi e indiscriminati. Le famiglie sono costrette ad abbandonare le proprie case, spesso più volte, portando con sé solo ciò che possono, senza alcuna garanzia di sicurezza ovunque vadano. Interi quartieri vengono svuotati, tutta l'area di Rafah, Beit Hanoun, Beit Lahyia, il campo di Jabalia, il villaggio di Um El Nasser. Le scuole, che normalmente sono luoghi di apprendimento, si trasformano in rifugi di emergenza, che non garantiscono però alcuna sicurezza, come abbiamo dovuto constatare per l'ennesima volta in questi giorni, quando una scuola è stata bombardata causando decine di vittime. Questo continuo sradicamento sta lacerando il tessuto della vita quotidiana e lascia le persone, soprattutto i bambini, traumatizzati e in preda al terrore. Il nostro team affronta sfide quotidiane per portare avanti le attività della scuola tenda, considerato che nessun luogo è sicuro a causa dei continui attacchi aerei; facciamo i conti con gravi restrizioni alla circolazione e mancanza di mezzi di trasporto, continue ondate di sfollamento che interrompono la regolare frequenza dei bambini alle attività della scuola tenda, esaurimento fisico e pressione psicologica. Ciononostante, il team di insegnanti ogni giorno è impegnato a piantare semi di speranza e conoscenza nei bambini che vivono circondati da distruzione e traumi”.
In quali altre zone del mondo opera Fonti di pace oltre alla Palestina?
“Nel corso degli anni abbiamo realizzato progetti di sostegno in diversi Paesi dell'Africa, del Medio Oriente e dell'Asia, senza dimenticare l'Italia e la stessa provincia di Milano, dove ci siamo impegnati a garantire i diritti dei migranti. Ma la popolazione cui siamo più legati è quella curda. Fonti di pace nacque nel 2005 proprio dalla volontà di difendere i diritti di questo popolo - da oltre un secolo perseguitato e massacrato dopo che il suo territorio era stato smembrato tra Turchia, Siria, Iraq e Iran - che proprio come i palestinesi non rinuncia al sogno dell'autodeterminazione e di un lembo di terra in cui vivere in pace. In cambio della promessa di ottenere tutto ciò migliaia di curdi non hanno esitato a dare la vita per combattere l'Isis, e sono stati determinanti nella sua sconfitta. Ma l'Occidente, raggiunto il suo obiettivo, ancora una volta si è rimangiato la parola. Il recente invito del leader del Pkk Abdullah Ocalan a cessare la lotta armata e cedere le armi apre nuove prospettive tutte da valutare”.
Quali sono gli ultimi progetti da voi realizzati in quei territori?
“Anche in questo caso puntiamo sulla cultura e sulle arti condivise come fonti di pace e benessere soprattutto per i giovani. Il progetto di Scuola estiva di teatro realizzato in Mesopotamia promuove attraverso la condivisione delle differenze i valori sociali, etici ed etnici di giovani provenienti da diverse culture (kurda, araba, assira, armena) e background religiosi (cristiani, yazidi, musulmani) e forma gli studenti come artisti sempre con l’obiettivo finale di creare una cultura della vita democratica. Un'iniziativa simile è in piena fioritura in Kurdistan: l'obiettivo iniziale era permettere a venti bambini di una scuola del Rojava nel Nord-est della Siria di studiare musica, ma questo piccolo progetto si è trasformato in un corso estivo di tre mesi che ha coinvolto tutta la popolazione della città di Cizre e sta diventando un collegio per le arti – musica, pittura, cinema, fotografia, teatro – a disposizioni delle ragazze e dei ragazzi di tutto il Rojava”.
Come è organizzata la vostra organizzazione di volontariato? Come si può contribuire?
“L'Associazione ha carattere volontaristico, la quasi totalità dei dipendenti non è stipendiata e abbiamo cercato di ridurre al massimo le spese di gestione. Le nostre principali entrate sono i versamenti delle persone che generosamente ci sostengono (Iban IT45N0103001656000002624683), la raccolta del 5x1000 (codice fiscale 97409660152), vendite di oggetti o abbigliamento che riusciamo a raccogliere, stampa e vendita di libri o pubblicazioni”.
Luce